La plusvalenza nella rivendita di un immobile è un argomento che spesso genera dubbi e preoccupazioni nel contesto della compravendita immobiliare in Italia. Ma di che cosa si tratta? E quando si paga (e quando no) la plusvalenza immobiliare?
Cos’è la plusvalenza nella rivendita immobiliare
La plusvalenza immobiliare si verifica quando un immobile viene venduto a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto, generando un guadagno per il venditore.
Il calcolo della plusvalenza è apparentemente semplice: si sottrae dal prezzo di vendita il costo di acquisto, includendo le spese notarili e gli oneri accessori. Tuttavia, le implicazioni fiscali di questo guadagno possono essere complesse e meritano un’attenta considerazione.
Non tutte le compravendite sono soggette a plusvalenza
È poi cruciale evidenziare che non tutti i profitti generati dalla cessione di proprietà immobiliari sono assoggettati a imposizione fiscale. La normativa italiana prevede infatti diverse casistiche di esenzione che possono sollevare il venditore dall’onere tributario su questo incremento di valore.
Un’eccezione di rilievo riguarda l’abitazione principale. Se l’immobile ceduto ha costituito la dimora abituale del proprietario o dei suoi congiunti per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita, l’eventuale guadagno non sarà oggetto di tassazione.
Analogamente, gli immobili pervenuti per successione o liberalità godono di un trattamento fiscale agevolato. In tali circostanze, l’eventuale plusvalore non è soggetto a imposizione, a prescindere dall’intervallo temporale trascorso tra l’acquisizione e la cessione del bene.
Calcolo e pagamento della plusvalenza
Per gli immobili che non rientrano nelle fattispecie di esenzione, il regime fiscale applicabile dipende dalla durata del possesso. Una cessione effettuata entro un quinquennio dall’acquisizione o dall’ultimazione dei lavori di costruzione comporta la qualificazione del plusvalore come “reddito diverso”, assoggettato a un’imposta sostitutiva del 26%. Di contro, se l’alienazione avviene oltre tale soglia temporale, generalmente non si configura alcun onere fiscale, fatta eccezione per i terreni edificabili.
Nel computo del plusvalore, è opportuno ricordare che il cedente può dedurre dal prezzo di vendita non solo il costo iniziale di acquisto, ma anche gli esborsi sostenuti per interventi incrementativi del valore dell’immobile, quali ristrutturazioni, ampliamenti o migliorie. La puntuale documentazione di tali spese risulta essenziale per poterne beneficiare in sede di determinazione della base imponibile.
Per quanto concerne l’assolvimento dell’obbligo tributario, i contribuenti dispongono di diverse opzioni. La modalità più diffusa consiste nell’inserire il plusvalore nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è avvenuta la cessione, corrispondendo l’imposta unitamente agli altri tributi sul reddito. In alternativa, è possibile optare per il regime della tassazione separata, che può risultare vantaggioso in determinate circostanze, specialmente quando l’entità del guadagno è tale da comportare un notevole incremento dell’aliquota IRPEF complessiva.